P P PASOLINI Sui Promessi Sposi


Pier Paolo Pasolini, “Recensione ai Promessi Sposi” in Descrizioni di descrizioni, Torino 1979, pp.152-154
I personaggi del Manzoni sono diventati  più ancora che quelli di Dante o dell'Ariosto  qualcosa come  i personaggi delle carte da gioco: si riconoscono per un ghirigoro codificato e fissato per sempre da regole accettate da tutti ormai involontariamente. Si parla di «Lucia », di « Don Abbondio », di « Fra Cristoforo », dell'« Innominato», come appunto, mescolando  disinvoltamente un mazzo di carte. Ognuno tuttavia gerarchizza queste figure secondo le proprie opinioni e i propri gusti. Se dovessi  accettare il gioco, direi che per me il più bel personaggio dei Promessi Sposi è Renzo, insieme con Don Abbondio e Gertrude. Mentre invece considero orribili - pronti per un technicolor  americano degli anni Cinquanta - il Cardinal Borromeo; l'Innominato, Fra Cristoforo e Lucia. La leggera preferenza che do a Renzo nei riguardi di Don Abbondio e Gertrude, dipende dal fatto che Renzo è una figura espressa dallo « stile comico», e tale rimane, fino alle ultime pagine (solo proprio alla conclusione Renzo diventa un « padrone», e arricchisce approfittando di un bando governativo che permette di tener basso il salario degli operai. Questo sarebbe il reale lieto fine del romanzo! E qui, nelle ultime righe, Renzo diventa di colpo odioso, un piccolo ometto tutto pratico, un lombardo pieno di buon senso certo destinato a diventar moralista per difendere i suoi beni, esattamente come coloro che son stati alleati dei cinici potenti che l'hanno perseguitato). Don Abbondio e Gertrude, anch'essi, appartengono all'area del « comico », ma la loro comicità traspare e prende rilievo sull'abisso del male, e ciò costringe il Manzoni a essere un po' ipocrita e gesuitico nei loro confronti: a fare un po' di manierismo moralistico (li perdoniamo,  non li perdoniamo) e a scherzarci un po' su, con non troppa convinzione. La figura comica di Renzo invece traspare e prende rilievo sull'unica zona neutra su cui si fondano i Promessi Sposi: una zona che non è definita né dal bene né dal male, ma è una mescolanza di bene e di male, una penombra ambigua, un'eterna sfumatura: è cioè l'«esser-ci » esistenziale, o, meglio ancora, la vita di ogni giorno, la quotidianità. La comicità benevola, mescolata a questo caos indefinibile e irrelato che è la vita comune, fa di Renzo una figura straordinariamente poetica.
Renzo è una proiezione nostalgica del Manzoni, una figura di figlio-padre quale egli non è mai stato né mai avrebbe potuto essere: una possibilità perduta per sempre nel mondo. Renzo è il simbolo della salute e dell'integrità. Questo amore per la gioventù solida e ben piantata di Renzo, ragazzo senza problemi, fa sì che il rapporto tra il Manzoni e il suo personaggio sia sempre poetico: le pagine in cui il Manzoni parla di Renzo traspaiono sul reale, si confondono col reale, hanno l'assolutezza del reale, e anche la sua sostanziale leggerezza.

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