martedì 2 dicembre 2008

Una lettera...Riscritture da Machiavelli

Riscritture sul modello della lettera a Francesco Vettori di Nicolò Machiavelli

Compagno, illustre e assai prezioso apud mihi,
ti rendo notizia di ciò che affanna e allieta il mio viver quotidiano, quivi, presso questa regione straniera fiorente e redditizia da un lato, ma assai triste e amara dall’altra.
Ben ti è indubbio qual sia stato il mio iter studiorum, al quale mi sono dedicato pienamente durante gli anni più prosperosi della mia giovinezza, quando con cotanta dedizione e temperamento mi sono consacrato allo studio giuridico.
E pur la sorte riservato non ha per me curriculum grato e lieto, segregandomi dalla mia amata terra natia e conducendomi in un sito ove lo sconforto colma le mie giornate.
Mi levo ogni giorno con la fioca luce dell’alba, rammento, dopo una notte trascorsa in compagnia di liete o burrascose emozioni, la mia parca condizione di vita e approntandomi mens et corpus al travaglio imminente.
Ed ecco che la mia gravosa giornata trascorsa in una stanza tetra, assemblando materiale primo per un congegno meccanico, apporta al mio animo il rimorso di un intensa attività mentale repressa dal ripetuto gesto lavorativo dato dal mio compito manuale in questa infinita catena di montaggio.
E proprio il peso e il rimuginare della mia mente deabilitano la mia persona, mai quanto la fatica del corpo.
Al termine delle ore solari, seguitamente, fatto ritorno al mio rifugio, abbandono la mente ai nitidi e malinconici ricordi della mia terra vagheggiando su una presunta realizzazione di cui la speranza persisterà solamente nel mio animo, e dedicando le poche ore che precedono il mio assopimento ad una immersione totale nelle raccolte di norme giuridiche che mi funsero da manuale allora e che mi fungono da sedativo oggi, leggendo inoltre quotidiano e divulgazioni legislative acquistate coi miei pochi risparmi, che non occorrono ad altro se non per la mia fugace ma intensa ed unica attività di svago nelle mie giornate.
Spero la tua situazione non sia altrettanto irta di difficoltà e sconforto, al contrario mi auguro tu possa in risposta raccontarmi delle tue giornate, strappando alla mia persona quel sorriso che da tanto ormai non mi è più concesso.


********************************

Grandissima Duchessa, “la vita fugge et non si arresta un’hora”.
Dico questo poiché mi parea di aver perso la vostra corrispondenza, sento stata voi assai tempo senza scrivermi. Pensavo che lo vostro impegno fusse così magno da non poter più dedicare un minimo di tempo a una povera contadina come me, che altro non fa che cultivare le vostre terre.
Ricordo bene la vostra ultima lettera, et sono proprio convinta che vostra figlia darà alla luce la bambina più bella della corte. Et voi, mia signora, sarete sicuramente un magno esempio per questa maraviglia di Dio.
Allorchè io son altro che una povera donna, altro non posso fare che dirvi, in questa lettera, qual sia la vita mia. Uomini non riempiono le mie giornate e pargoli nemmeno, ma io sono contenta, et, hora come hora, pace trovo et non ò da far guerra.
Io mi sto in una piccola capanna ricoperta d’edera, vicino a la fattoria. Levavami innanzi dì, con il chicchirichio dell’ormai vecchio gallo che domina tutto il pollaio, scorgo i primi raggi di sole, che illuminano la natura. Mi piacerebbe che voi, mia grande signora, poteste scorgere questa maraviglia, che solo co li occhi può essere capita, ma intendo lo vostro impegno, che tempo non dà per queste piccolezze.
Non potendo rimanere incantata davanti a ciò che più amo, io me ne vò verso le vostre terre, per raccogliere i frutti che il buon Dio ci manda. Le galline starnazzanti mi fanno da sottofondo alla mia faticosa et intensa giornata et lo sole, alto nel cielo, schiarisce lo mio bianco viso.
Partitami dai campi, dopo il mezzodì, mi attendono i panni della vostra corte. Et tutto il pomeriggio me ne sto a piegare e spiegare camicie, sottovesti e gran vestiti, tutti di gran lusso e con tanto di pizzo, come voi ben saprete.
Ho sempre amato li vostri abiti et mi sarebbe piaciuto fare da cucire vestiti per le cene più belle. Ma il mio compito è altro, et i miei campi, in vero, mi attendono.
Al calar delle ombre, esausta, mi ritorno nella mia verde capanna et entro nello studiolo, ove mi attendono amorose passioni et tante historie d’amore. Spogliatami dalla veste cotidiana, piena di fango e piccole foglie, mi metto la mia curiale sottoveste et entro nelle più antique corti, dove cavallieri et dame inseguono il loro amore. Ho da confessare, in vero, che amo leggere i libri che occupano gli scaffali della vostra biblioteca. L’hora della lettura, prima del riposo, mi porta la mente lontana da ogni terra. Il grande Dante, o Petrarca, o Machiavelli, mi raccontano historie davvero commoventi et le dolci fanciulle sovengono la mia gioventù.
Poiché la mia vita di alcuna noia gode, devo affrettarmi a salutare voi, Duchessa, per ritornare a li campi.
Spero di non avervi annoiata con queste dicerie sulla mia vita et a voi, cui Fortuna à posto in mano la bella vita, chiedo adunque che mi scriviate ancora, allietandomi con le vostre novelle. A voi mi raccomando. Sis felix.

Die, 25 novembris, 1513

Annalisa Valentino in Bologna.

****************************************************

Superbo philosopho in nomen de amicitia nostra

Intelligentissimo oratore, molto tempo trascorse dall’ultimo scambio della nostra amabile corrispondenza, e tale fu la distanza temporale dall’arrivo di quell’egregio foglio di papiro che ne dimenticai il sommo contenuto; di quest’atto mi vogliate perdonare, ma non potei fare a meno che rileggerlo per spolverare la memoria, ormai indebolita dallo scarso uso che faccio di essa; infatti vivendo ove non la esercito in alcun modo, data la mancanza di impegni, i meccanismi rapidissimi di un tempo si stanno arrugenendo
Voi mi raccontaste come passasse le giornate la signoria vostra, e tali racconti suscitarono in me cotanta invidia da rendermi nervosa per qualche tempo. Ritrovandomi infatti in questa desolazione campagnola che opprime la fecondità della mia mente legata alla realtà cittadina, non posso far altro che rattristarmi per la monotonia delle mie giornate, scandite dal suono della clessidra posta sulla mia scrivania, loco nel quale, essendo inverno inoltrato, trascorro la maggior parte del tempo, leggendo e rileggendo libri di ogni genere, e affogando il pensiero nelle stimabili opere di antichi autori latini. Essi sono gli unici che elevano il livello semi-inesistente delle mie attività quotidiane.
Il pungente gelo di questo novembre non permette nemmeno di fare qualche passo nel parco della magione campagnola, et mi consolo solo a guardare il superbo paesaggio naturae che la vista dalle finestre regala; sento che entro qualche dies un manto di neve candida si poserà sul paesaggio circostante la villa, donando immenso piacere nel permettermi di osservare cotanta magnificenza degli eventi naturali; da quando mi trovo a vivere in medio naturae infatti riesco a cogliere tutte le gioie che quest’ultima lascia percepire, e ad emozionarmi per avvenimenti che pur essendo semplici e ripetivi, continuano a sorprendermi proprio per la loro semplicità; rimango incantata persino dal cadere della pioggia, poiché ogni goccia compie un movimento nel suo piccolo unico e irripetibile, esaltato ancor di più nella nevicata, poiché i bianchi fiocchi cadono più lentamente ed è più semplice riuscire a notarne il morbido percorso. Non capisco se è in atto una trasformazione in naturista, o un’assunzione della semplice mentalità contadina.
Certo, il gaudio provocato dalla natura non riesce a colmare il vuoto incomabile della separazione dalla mia amatissima Firenze, al cui pensiero sono legate infinite immagini bellissime e care alla persona mia. Oh, che dolore se penso che sono stata esiliata dalla mia città natale, loco ove trascorsi la maior parte della vita mia; che ricordi magnifici volano nella mente al solo pronunciarne il nome: Firenze, magnificum nomen.
Mi rincresce avervi tediato con la malinconia che proxime mi opprime, ma non potei resistere a sfogarmi con un amico, tanto amabile come lo è la vostra estrosissima persona.
Non attendo più che mi scriviate le novità della vostra vita impegnata, perché so che non riuscirà a sollevarmi dalla situazione in cui mi trovo; spero però che possiate raccontarmi qualche aneddoto divertente tale da strappare un sorriso a questo viso malinconico. Sis felix.
Die XXIV Novembris 1513

Livia Pozzi in Bolonia

**************************************************************************************

Al magnifico legato Nicolò Machiavelli, presso Sant’Andrea in Percussina.

Degnissimo ambasciatore, non sapete quanta gioia mi arreca sapere che il nostro fidato legato, dopo numerose missioni compiute per conto della mia famiglia, ha l’occasione di passare il proprio tempo svolgendo mansioni che lo riportino alle gioie più primordiali dell’essere umano. Sento, nel registro della vostra missiva, pur sempre dolce e soave, un tono ironico che non mi aggrada: la caccia e gli altri badalucchi di cui tanto vi tediate, sono in verità degni del più nobile dei Medici, e mai andrebbero disprezzati. L’unico alletamento che vi rimprovero è quello dell’osteria: mi ha alquanto delusa che un uomo della vostra levatura sociale e culturale si diletti e s’intrattenga con huomini che non hanno che la glabrezza, e sovente neanche quella, da invidiare alle bestie.

In quanto alla mia persona, la mia vita scorre veloce, segnata da una consuetudine di cui spesso mi tedio, ma che realmente mi evita di passare troppo tempo a riflettere sui mali della vita.
La mattina è una gioia potersi levare con il sole, prima che la servetta, Sara, mi porti le vesti. La tunica di lanetta grezza, che indosso sotto la sottana di seta, pruriggina terribilmente, e spesso bramerei di toglierla, anche se il mio desiderio rimane tale in quanto la mia posizione sociale non me lo permette. Tunc amo trascorrere le ore mattutine con i miei tutori e precettori, ne ho quattro in tutto. Il nobile Abelardo mi insegna l’aritmetica, insieme guardiamo le stelle e tracciamo complesse mappe del globo lunare. Corrado, istitutore di lettere e belle arti passa il suo tempo a leggermi brani tratti dai più celebri poemi e dai più tediosi scritti teologici, cercando allo stesso tempo di inculcare nella mia testaccia l’amore per il decorativismo artistico e l’architettura. Infine Frate Lumisio e Don Galeno mi insegnano l’uno gli insegnamenti di Aristotele, l’altro quelli di Ippocrate, sparlandosi sopra come vecchie nutrici. Spesso amo trascorrere l’ora del pasto all’aria aperta, quando il tempo lo permette, osservando insetti e farfalle nei loro mirabolanti voli ellittici, e se invece il cielo è ingrato mi basta poter osservare i lampi e tuoni da sotto il grande porticato con le altre donne di casa, ascoltando qua e là i futili discorsi. Il pomeriggio è, invece, il momento che preferisco: sono infatti le ore che la mia compianta madre aveva riservato alla mia educazione più pratica, ovvero ad affinare le arti che mi permetteranno di trovare un marito galante. Il maestro di canto mi fa arpeggiare e intonare arie sottili, quello di ballo vuole che danzi con la leggiadria e la forza di un cavallo arabo, invece l’uomo che si occupa di istruirmi sulla poesia e sulle lingue di paesi lontani vorrebbe che leggessi poemi romanzi, purtroppo senza troppo successo, infatti la mia volgare cadenza romagnola rovina ogni mio tentativo di musicare la poesia d’oc e d’oil. E’ la sera, però, l’unico momento in cui, dopo che le serve mi hanno lungamente spazzolato i capelli, posso veramente dedicarmi a ciò che amo di più: la lettura di drammi e vicende amorose bretoni e carolingii. Le historie di Ginevra, Tristano, Isotta e Lancillotto sole mi permettono di vagare con la mente, seguendo fili che io stessa ignoravo di conoscere. Attraverso la mia passione rivivono le storie fantastiche e malinconiche di Bradamante e Ruggiero e sfuggo dalla noia della mia realtà. Non mi fraintendete: la mia vita non mi pare ingrata, capisco di trovarmi in condizioni assai agiate e per questo di dover affrontare ben pochi sacrifizi, tuttavia amerei che ci fossero nel mio destino vicende simili a quelle di Pendragone e Igraine, anche se la mia stessa razionalità ne fuggirebbe all’istante.

Immagino risponderete alla mia lettera, perché di voi mi fido indiscutibilmente, sis Felix.

Leonora Sforza, in Imola (Giulia Gabr.)

**********************************************

15 novembre 1527

Carissima amica, con gran piacimento ho letto la lettera da voi mandatami et mi sono allietata venendo a sapere della vostra buona salute.

Mi felicito assai per le vostre imminenti nozze col magnifico duca fiorentino, et confermo la presenza mia alla sopracitata cerimonia, sendo una tal gioia da poter condividere con voi, affettuosa et modesta compagna.

Nel leggere le parole vostre ho sentito il desiderio di contarvi un poco come io passo le giornate, qui nella villa de’ parenti miei.

Cotesto casolare si erge in tucto lo splendor suo nel bel mezzo di un verde et rigoglioso bosco, selvaggio. Fiori et antique fiere mi pare di scorgere ovunque si posi il mio sguardo et sempre ne rimango incantata.

Appena levata, soglio rinfrescar il mio corpo con dolci acque provenienti da una vicina fonte. Rivestita con pizzi et perle rare, vommene desinare assieme alle domestiche, poiché lunga è la giornata et cupa la solitudine.

Quando la madre mia mi raggiunge comincia ad impartirmi certe lezioni, le quali tu conosci bene. Dapprima mi apprende a filare et cucire: dua hore seduta scomodamente me ne sto sotto il suo sguardo critico. Dipoi vengono le buone maniere, tucto ciò che una giovine nobile come me debbe sapere al fine di potersi maritare et divenire una buona moglie. Non mi è acconsentito parlare molto, poiché una brava figliuola sempre sa quando restare in silenzio et rispettare i genitori suoi.

Quando giungono le ore postprandiali capita che assieme alla balia passeggi attorno alla villa incontrando altre duchesse che come me soffrono la noia. Pertanto diventa molto facile aprire la bocca et discorrere con loro avidamente.

Il padre mio rincasa la sera et desina assieme a noi donne senza però mai guardarci, solo si congeda con un cenno del capo et si ritira nelle stanze sue.

Tandem, all’imbrunire, giunge l’ unica mia vera fonte di letizia: sola, finalmente, esercito il mio spirito et il mio ingegno. Regalatami da poco è una lucida cetra, con la quale volta per volta sto apprendendo a sonar.

Per molte hore dimentico ogni cosa dubbia;proprio come quando venne apud i signori Medici Franciscus Corticius, maestro del duca Cosimo I, et sonò la madrigale sua.

Posso aprire le imposte et sonar mirando le stelle, et figurarmi di essere accompagnata da molti illustri musicanti. I grilli sono i miei ascoltatori et mi acclamano anche quando le note mie sono in disaccordo. Di quest’andare il sonno giunge troppo presto et troppo presto giunge un nuovo giorno.

Vi prego di non scambiare le parole mie con infelicità, sono grata al Signor Iddio che regna nei cieli della vita che mi ha donato. Desidererei che voi ancora mi scriveste avante le vostre nozze, nel caso vogliate dirmi alcuna cosa vi piaccia.

La vostra onesta amica. (Giulia Sc.)

*************************************************************


Pulcherrimae magnificae Lucretiae,

Romae.

Hic et nunc mi coglie voglia repentina di scrivervi tenendo meco il ricordo di vostra leggiadra figura, dell’incedere vostro elegante, del caro volto radioso.

Hora dirovvi qual la vita mia è.

Io mi levo la mattina con il sole et vommene in Firenze a lavorare dove sto hore et hore con carta et inchiostro.

Il far di conto mi consuma, godomi solo nel pensiero di voi, nel pensiero della passione vostra.

L’hora del desinare trasferiscome nell’osteria dove mi mangio di quelli cibi che mio paululo patrimonio comporta.

Quivi incontro huomini, dimando cose, intendo cose che io vi harei a dire.

Venuta la sera, mi ritorno in casa et entro nel mio scrittoio e mi pasco di quell’unico cibo che, dopo di voi, è mio.

O dolci letture, tra verba vostra mi cullo, non sento noia, fatica.

E tandem mi profondo nelle cogitazioni del sommo poeta, nella figura angelicata di Beatrice et il cor mio per voi sussulta.

Voi vorreste, alba radiosa, che io lasciassi questa vita et venissi a godere con voi la vostra.

Io lo farò, tal è il disio di trovarmi al cospetto vostro; della fede et amor mio non dubitate.

Desidererei che voi mi scrivessi quello che nel vostro cuore et cervello passe.

Eternamente vostro.

Die VII Decembris 1516, Lapo Guidi in San Casciano (Arianna D.)

**************************************************

Gentile affine,
rispondo tempestivamente alla tua lettera, la quale, devo ammettere, mi ha colto (e non poco) di sorpresa.
Grazie per l'interessamento, spero di non divertirti troppo con il racconto di una mia qualsiasi giornata nel mondo. Da qualche mese a questa parte compio con regolarità le stesse azioni, poichè mi sono impiegata in un'attività produttiva autogestita. Almeno per il momento, trascorro gran parte del dì all'interno della mia dimora. Le scheggie di tempo che rimangono, le spargo fra la cura della mia persona e quella dei miei rapporti interpersonali. Anche se il lavoro mi assorbe completamente, la brama di poter un giorno svincolarmi dai meccanismi del mondo del mercato è troppo forte per giacere inascoltata. Quando le mie 16 ore di veglia stanno per volgere al termine,inizia la parte migliore di questo racconto. Mi spoglio quella veste cotidiana tracimante di comodità e solitudine, et mi metto panni antichi, intrisi dell'inebriante profumo di naftalina. Corpetti, camicie dagli ampi e candidi smerli, lunghissime gonne (ideate per coprire -mon dieu!- le scandalose caviglie), io indosso.
E così, sommozzatrice degli abissi di Allan Poe, Wells e Stevenson, ancora una volta mi immergo nelle meraviglie dell'epoca vittoriana. Discutibili mode e costumi del tempo a parte, impagabile è lo spettacolo offerto dalle controversie del labile animo dinnanzi all'evidenza del progresso materiale e scientifico del mondo occidentale dell'epoca. Homo homini lupus, i prodotti della curiosità squisitamente umana spaventarono parte dei figli di Adamo stessi.
Ed è per questo che amo le opere di questi autori, ostentatrici delle angosce degli uomini. Gli occidentali di allora videro vacillare il già funesto esperimento di indipendenza da Dio, ossia le loro arcaiche convinzioni, frantumate da profani individui, seguaci di profane pratiche. La psicologia mi appaga, devo ammetterlo. La mera illusione di stringere una fiaccola in pugno quando mi avventuro all'interno dell'angusta spelonca della mente umana, mi appaga.
Ti auguro ogni bene,
Claudia

********************************************************************
Ad meam dilectissimam et doctissimam amicam, Bologna.
“tanto gentile e tanto onesta pare” la possibilità di rispondere alla tua adorabile lettera. Sentendomi quasi fortunata nel possedere cotanto affetto da parte tua, l’animo mio si sentirà vincolato a questa penna e a questo foglio di carta fin quando non riuscirò a enunciarti tutto ciò che necessito dirti. Qui nella mia magione le ore passano lentamente una dopo l’altra e il rintocco dell’orologio si fa sempre più flebile a mano a mano che si avvicina l’oscurità. Scilicet lo studio incombe, per la maggior parte del tempo, sul mio bisogno di fare cose a me gradite, ma codesto è un peso che sopporto con blando piacere. La mattina alla prime luci, una forza alla quale sono ormai abituata mi impone di scendere dal mio giaciglio utilizzato fino ad allora. Venuto il momento di andare a scuola a istruirmi, mi preparo a sopportare intere ore che mi separano dal mio ritorno a casa. Per quale ragione faccio tutto ciò? La tua è una lecita domanda, infatti io ho una semplice risposta. Più vado a scuola e più apprendo sul mondo che c’è intorno a me, e più apprendo ciò, più capisco il linguaggio che parlan gli scrittori antichi o contemporanei di cui amo leggere le mirabili storie. Tolkien, Calvino, Stoker e Dante aspettano soltanto la mia presenza, la sera, per discorrere degli argomenti più disparati. Ed io non vivo che per quel momento della giornata, tutte le giornate. Ti prego vehementer di rispondermi al più presto raccontandomi le ultime novità. Sis felix.

Lucretia
************************************************************************

Nessun commento: