1) Roberto Saviano, Gomorra, Feltrinelli 2006
2) Giancarlo De Cataldo, Romanzo criminale, Einaudi, 2002
Diario di lettura di Juliette
24 dicembre 2008
“il dottor Nicolò Scialoja dirige l’Ufficio logistica e informazioni sulla criminalità del ministero degli Interni. Abita un lussuoso attico in via Chiana. Non si è mai sposato”.
Leggo sempre l’ultima frase di un romanzo prima di iniziarlo : mi invoglia alla lettura. Devo però ammettere che questa frase in particolare mi lascia attonita; con un briciolo di perplessità inizio a leggere.
Il prologo si svolge a Roma, non fatico a immaginare lo stato di angoscia e rabbia del fantomatico personaggio, sono infatti in macchina da ore (sto andando in Francia) e l’odore della benzina attanaglia il mio stomaco a digiuno. Rapidamente giungo alla Genesi ;questo capitolo dal titolo apocalittico mi fa spontaneamente pensare a quello che si potrebbe definire “l’inizio della fine”; pochi paragrafi dopo mi accorgo che non mi sbagliavo : i ragazzi della neo banda malavitosa mirano a qualcosa di molto grande che senza dubbio li distruggerà :il dominio su Roma.
25 dicembre 2008
Scialoja ha scoperto la banda ! sprofondata nella poltrona lo maledico ….non può finire ora ! le poche pagine iniziali infatti bastano per affezionarsi a questi giovani sbandati : così lontani dalla nostra realtà attuale ma allo stesso tempo dotati di una tale volontà e audacia da far nascere nel lettore un sentimento di ammirazione.
28 29 dicembre 2008
In questi due giorni la lettura è diventata frenetica ;nelle ultime pagine è comparsa una nuova ed enigmatica figura : il Vecchio.
Questo burattinaio del sistema globale lascia con il fiato sospeso, è infatti impossibile capire quale sia il suo ruolo nella trama: perché un personaggio colto come lui è affiancato da due grezzi spioni come gli agenti Zeta e Pigreco ? che cosa lo lega alla banda della Magliana ?
3 gennaio 2009
Sono giunta al termine della lettura.
È stato come prendere una grande boccata d’aria e immergersi d’un tratto in tutto il sudiciume della società :la droga, la prostituzione, il racket …. Tutto precipita infatti con la morte del Libanese. Egli è l’unico che grazie al suo comportamento lucido e coerente riesce a dare ,paradossalmente, dignità alla banda. Con il suo assassinio la situazione si aggroviglia : i ragazzi iniziano a dividersi le mansioni facendo in realtà di testa loro e molte violenze vengono messe in atto senza un motivo apparente.
Personalmente mi aspettavo che il Freddo, personaggio distante ed enigmatico, avrebbe ripreso le redini del gruppo, ma il suo carattere solitario e l’amore per Roberta lo allontanano poco a poco dall’ottica di una vita malavitosa.
Il Dandi invece, figura in secondo piano all’inizio del romanzo, si impone.
Il Dandi si rivela in effetti un personaggio inquietante : la sua ricerca dello “stile” e il suo vizio per la moda gli conferiscono l’aspetto del boss, ma non il carattere. Per questo cerca aiuto presso la mafia siciliana ,in particolare stringe rapporti con il latitante “Zio Carlo”; questi, un violento assassino, diventa come un padre per il Dandi.
Accanto alla figura spicca prende anche fondamentale importanza nella trama il personaggio di Patrizia.
Quando ho “incontrato” Patrizia sono prima stata gelosa della sua indipendenza e della sua capacità di piegare gli uomini a ogni suo desiderio, che essi siano sbirri o sbandati. Ma con lo scorrere delle pagine la solitudine interiore di questa ragazza si fa sempre più sentire .è l’unico personaggio femminile di spicco del romanzo ma la sua vicinanza alla violenza e all’indifferenza l’hanno privata di ogni tipo di sensibilità. A mio parere Patrizia è paragonabile per la sua potenza sugli uomini al Vecchio, ma rimane un oggetto sessuale ed essendo sempre stata trattata in quanto tale non è mai riuscita ad esprimere sentimenti.
Al contrario Roberta è la ragazza della porta accanto, l’unico legame tra la vita quotidiana e quella della malavita . è lei che apre improvvisamente gli occhi al Freddo :una vita normale è possibile.
È incredibile notare l’evoluzione del carattere del Freddo ;prima un criminale ,dotato però di un ritegno e una compostezza che forzavano all’ammirazione e al rispetto sia i suoi compagni che il lettore stesso. Poi l’entrata in scena di Roberta e la metamorfosi: il ritegno diventa indecisione e la compostezza noia ;il Freddo non è più un lucido soldato bensì un uomo confuso e patetico che si rende improvvisamente conto che tutto ciò che ha fatto era sbagliato.
I personaggi che più ho citato fin’ora sono quelli che più mi hanno colpiti. Tra questi non appare però uno dei personaggi principali : il commissario Scialoja .Penso che questo fatto sia una delle conseguenze del difetto di questo libro …
De Cataldo racconta nel suo libro la storia della nascita della banda della Magliana ;concentra in particolare la sua attenzione sui personaggi di spicco del gruppo,i più forti, quelli che “se la passano meglio” ,trattandosi poi di un romanzo l’autore aggiunge dettagli (fantastici ?) che stuzzicano l’immaginazione del lettore :donne ,paillettes ,soldi e piste di cocaina.
Mai si parla però delle conseguenze disastrose di quest’organizzazione malavitosa sulla vita dei comuni cittadini ;il lettore non si sente quindi coinvolto e si immedesima nei criminali.
Il personaggio del commissario invece appare troppo tardi perché ci si possa immedesimare in lui, gli viene affibbiato un ruolo di “guasta feste “che interrompe i giochi dei criminali che si divertivano così tanto nella città.
Avendo letto Gomorra è facile fare un paragone tra i due libri. Da un lato Saviano descrive la malavita nei suoi aspetti più cruenti e patetici,approfondendo l’impatto sociale di quest’organizzazione ; dall’alto De Cataldo si limita a descrivere il crimine dall’interno .
Solo dopo aver finito il romanzo ci si sente in colpa per essersi immedesimati nei criminali della Magliana ,ma non si riesce comunque a provare indignazione e senso di colpa, che invece, mi hanno subito assalita dopo aver letto Gomorra.
Giulia Gabr.
PRIMA DELLA LETTURA
C’era una fila piuttosto notevole per “Gomorra”, una decina di persone per ogni copia della biblioteca...ho optato per “Romanzo Criminale”...
In realtà sono abbastanza curiosa di leggerlo, non avevo mai pensato neanche di aprirlo. Su Sky stanno trasmettendo la serie televisiva e tutte le volte che vedevo la pubblicità pensavo “Ma chi è che guarda questa roba?”. Per non parlare del film che ho abilmente evitato nonostante sia stato in programmazione quest’estate al cinema all’aperto per due mesi (ed è stata una vera impresa dato che, onestamente, non è che ci siano poi tante cose da fare a Castello in estate). Alla fine comunque, per alcune coincidenze “fatali” lo leggerò.
Non mi sembra un libro come quello di Saviano, non ha fatto tanto scalpore ed è rimasto nella sua nicchia. Comunque è strano come alla fine un libro possa entrare a fare parte della tua vita: come quando senti una parola che non conoscevi, la fai tua e dopo sembra che tutti aspettassero te per cominciare ad usarla, e inizi a sentirla pronunciata ovunque...Adesso sembra che fossi una reietta sociale perché fino al dicembre del 2008 l’avevo snobbato totalmente. Sembra che tutti lo abbiano letto, oppure abbiano visto il film o la serie...e fortunatamente a quanto pare è piaciuto quasi a tutti. Ne hanno perfino parlato su “Costume e Società”, la rubrica del tg2 che, per tradizione, guardo sempre prima di Natale. “Se non sapete che cosa regalare ai vostri cari, un libro è sempre una scelta sicura...e “Romanzo criminale”, di Giancarlo De Cataldo, è un successo assicurato!”. Insomma questa strana congiura mi inquieta però in compenso non vedo l’ora di leggerlo.
Mi mancano poche pagine per finire “Bonjour Tristesse” e cominciare RC. Pensandoci è stata una fortuna che io abbia scelto quello e non “Gomorra”...Saviano mi urta i nervi. Adesso che vuole andarsene dall’Italia poi, proprio non lo sopporto più. E’ il genere di persona che fa fortuna denunciando le colpe dell’Italia, come i giornalisti di Report ma non apriamo neanche il discorso. Mi hanno sempre insegnato ad amare il mio paese, che non è sicuramente perfetto, quindi non approvo una scelta che è stata fatta da Saviano, sapendo che lo avrebbe portato al successo...certo sono sicura che ha anche dei meriti e che la libera critica non può che fare bene ma, tra l’altro, va ad alimentare una serie di pregiudizi internazionali sulla mafia italiana. Ci chiamano mafiosi ma poi chi è che idolatra film come “Il padrino” ecc..? comunque adesso vado davvero a finire il libro così poi posso cominciare RC.
DOPO LA LETTURA
Avrei dovuto sicuramente tenere un diario costantemente mentre leggevo il libro, ma dopo averlo fatto per un po’ mi sono resa conto che stava venendo malissimo e che mi stava martoriando il piacere del libro: sono sicura che annotare alcuni concetti di saggi e articoli sia fondamentale. Però RC mi è piaciuto molto e continuare ad interrompere la lettura per scrivere delle osservazioni, tra l’altro anche piuttosto banali, mi faceva quasi male.
Alla fine della lettura mi sono sentita travolta dall’ammontare di informazioni che avevo ricevuto mentre scorrevo le pagine. Una serie di fatti, date, nomi, alcuni reali ed alcuni fittizi, insomma è un romanzo che va letto facendo una discreta attenzione alle sottigliezze dell’autore. Per esempio è interessante come fa proseguire la storia: non attraverso una semplice narrazione ma anche grazie all’aiuto dei verbali dei processi, che sicuramente conosce come le sue tasche, essendo giudice. Ci sono anche altre cose meno tecniche di cui mi sono resa conto solo dopo la lettura, quando sono andata a informarmi sui fatti veri legati alla stesura del libro. Per esempio: si parla spesso di un certo Cutolo, che per me non era un nome noto. Invece si tratta di un vero boss, della Camorra mi pare, arrestato con successo ancora prima della mia nascita. Poi è interessante come De Cataldo non abbia inventato poi così tanti fatti: ci sono interi siti dedicati alla ricostruzione delle relazioni tra i personaggi del libro e i veri appartenenti alla banda. L’altra sera sono andata a letto tardissimo perché mi ero davvero addentrata tra articoli dei primi anni ’90 relativi agli arresti, alle uccisioni e alle morti dei vari malavitosi...Sono legati a un gran numero di fatti di cronaca che ricordo di aver visto passare ai telegiornali mentre crescevo, per esempio alla scomparsa di Emanuela Orlandi.
Mi è sembrato che il libro fosse diviso in due parti: prima e dopo la morte del Libanese. Credo, infatti, che quando questo personaggio forte, che comunque può essere considerato come il protagonista delle vicende, sparisce dalla scena, innanzitutto sorprende il lettore. Non immaginavo che sarebbe morto così presto nella storia. Secondo poi da quando il Libanese scompare cambia radicalmente l’andamento della narrazione: prima la banda aveva successo, avevo perfino cominciato ad ammirare la precisione con cui avevano organizzato il contrabbando degli stupefacenti e la tecnica pulita con cui tenevano in pugno tutta Roma (preoccupante…), quando muore il capo però, il gruppo si disperde e per la prima volta comincia ad attraversare dei guai seri con la giustizia. Iniziano allora i noiosi verbali dei processi e i racconti di vendette personali interne alla banda, che ne causeranno eventualmente la fine. Comincia anche a perdersi la tensione narrativa: il libro diventa più lento e meno interessante, o almeno si legge peggio anche se comunque i fatti narrati (che sembrano pressoché i resoconti dei veri processi ai membri della Magliana) prendono ancora abbastanza. Infine l’epilogo finale, dal sapore amaro, mi ha lasciata un po’ delusa: certo non mi aspettavo un lieto fine, però almeno una netta e definitiva conclusione dei conti si. Invece così, con il Freddo malato e la maggior parte degli altri membri secondari della banda a piede libero non sembra proprio una vera fine.
Secondo me De Cataldo non si è concentrato abbastanza su alcune vicende che invece ho trovato molto interessanti: in particolare sull’evasione del Freddo. Certo, se fosse stato per me avrei scritto un libro sulla storia d’amore tra un boss della malavita e una brava ragazza...perché sono quel genere di persona...però così non ha lasciato neanche spazio all’immaginazione, nemmeno un piccolo pretesto per sognare: la storia era fredda e lineare, insomma non un libro adatto a me da quel punto di vista.
Tristissima la conclusione in Sud America con Roberta che ha dovuto rinunciare ad avere un bambino per motivi di salute...io avrei calcato un po’ più la mano...
Curiosità: Enrico De Pedis (Dandi) è sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare dopo essere stato riesumato da Verano. E’ riuscito a farsi seppellire lì per i contatti che aveva con il Vaticano cui pagava laute tangenti..
Una cosa inquietante sono i posti dove si svolge la vicenda: le osterie “Il nuovo mondo” e “Il Perilli” sono ristoranti dove ho mangiato anch’io e dove Dandi e il Libanese mangiano spesso all’inizio della storia il “Full ‘80” era una locale che è chiuso un paio di anni fa. Il libro si apre con Dandi che passeggia fuori dalle mura del cimitero di mia madre...Insomma il libro dovrebbe essere frutto della fantasia dell’autore, ma non poi così tanto...
Interessante come le vicende della Magliana che nella realtà sono così strettamente legate con la vita politica degli anni ’80, nel libro si sviluppino attorno ad alcuni cardini rappresentati da avvenimenti tragici che hanno scioccato l’Italia. L’omicidio Moro è probabilmente il primo. Mi pare che la velata accusa (non poi così velata) allo Stato da parte dell’autore di aver lasciato perdere e aver aspettato il ritrovamento del cadavere con inerzia sia infondato o almeno un po’ gratuito, però lo scenario della strage di Bologna visto attraverso gli occhi di un gruppo di persone di cui di solito non si ascoltano le testimonianze è sicuramente originale. Interessante anche l’accenno ai funerali di Berlinguer che hanno sconvolto così tanto la scena politica e sociale italiana da non poter non essere citati. Stavo per mettermi a piangere quando De Cataldo descrive l’anniversario della bomba alla stazione di Bologna. Carmelo Bene che legge dalle Due Torri è una scena che mi è molto cara. Mio padre me ne parlava sempre quando ero piccola, dicendo che il partito aveva organizzato un autobus da Imola per andare a sentire le celebrazioni e che aveva colto l’occasione per portare mia madre che non aveva mai sentito Dante essendo appena arrivata dalla Gran Bretagna (mamma ricorda quel giorno con meno gioia, dicendo che non capiva niente e che applaudiva quando lo facevano tutti gli altri).
Romanzo Criminale il film
Non ho resistito: dopo aver letto il libro non ho potuto fare a meno di vedere il film. Anche perché Kim Rossi Stuart nei panni del Freddo è da non perdere. La produzione cinematografica era molto più drastica del libro: la fine era proprio come l’avrei voluta, con un generale spargimento di sangue che concludeva tutte le faccende in sospeso. Gigio, che nel libro è una figura piuttosto complessa, soprattutto per la sua relazione con il fratello, nel film è una marionetta che serve esclusivamente come pretesto per far scoppiare la vendetta tra i membri della banda. Il Nero viene trasformato in un personaggio radicale, anche lui perde di spessore e la sua fine arriva molto prima che nel libro. Mancano molti altri protagonisti: Nembo Kid, Donatella, Vanessa e molte storie che rendevano il romanzo ricco di spunti, comunque tutto sommato mantiene l’interesse nonostante, tra l’altro, sia un film particolarmente lungo. Il finale che ho già citato doveva servire come morale, e quindi si discosta dalla realtà molto più di quello di De Cataldo. Placido sembra voler dimostrare che i delinquenti sono vittima della loro stessa medicina, mentre in realtà molti dei personaggi che nel film spariscono, finiscono in carcere o muoiono, sono tutt’ora in libertà. Comunque anche questo espediente ha una sua necessità. Credo che a noi Italiani non piaccia essere ricordati che il destino e la giustizia non puniscono severamente i criminali, non sempre almeno. Soprattutto siamo costretti a prendere delle posizioni molto più nette, a essere molto più rigidi per non essere considerati dei “mafiosi” nel resto del mondo. Questa cosa fa schifo, me ne rendo conto ogni volta che vado a stare dai miei cugini a Nottingham, sono convinti che viviamo in una specie di avventurosa “favoletta” simile al “Padrino”, non considerano neanche che per noi la mafia, la camorra...sono problemi seri con cui molti italiani devono convivere. E invece quando lo capiscono prendono le distanze da noi “mafiosi” come se tutti fossimo dei criminali, senza pensare alle persone che veramente prendono posizione nei confronti della malavita e non idolatrano personaggi fittizi come Don Vito Corleone. Insomma sembrerà un luogo comune ma se dei romanzi come “Romanzo Criminale” o “Gomorra” possono far capire a noi per primi ma anche e soprattutto agli altri che in Italia le varie mafie sono realtà tangibili ma che ci sono persone che ci combattono giornalmente senza accontentarsi di sopportarle ciecamente, allora dovremmo sicuramente pubblicarne di più.
2) Giancarlo De Cataldo, Romanzo criminale, Einaudi, 2002
Diario di lettura di Juliette
24 dicembre 2008
“il dottor Nicolò Scialoja dirige l’Ufficio logistica e informazioni sulla criminalità del ministero degli Interni. Abita un lussuoso attico in via Chiana. Non si è mai sposato”.
Leggo sempre l’ultima frase di un romanzo prima di iniziarlo : mi invoglia alla lettura. Devo però ammettere che questa frase in particolare mi lascia attonita; con un briciolo di perplessità inizio a leggere.
Il prologo si svolge a Roma, non fatico a immaginare lo stato di angoscia e rabbia del fantomatico personaggio, sono infatti in macchina da ore (sto andando in Francia) e l’odore della benzina attanaglia il mio stomaco a digiuno. Rapidamente giungo alla Genesi ;questo capitolo dal titolo apocalittico mi fa spontaneamente pensare a quello che si potrebbe definire “l’inizio della fine”; pochi paragrafi dopo mi accorgo che non mi sbagliavo : i ragazzi della neo banda malavitosa mirano a qualcosa di molto grande che senza dubbio li distruggerà :il dominio su Roma.
25 dicembre 2008
Scialoja ha scoperto la banda ! sprofondata nella poltrona lo maledico ….non può finire ora ! le poche pagine iniziali infatti bastano per affezionarsi a questi giovani sbandati : così lontani dalla nostra realtà attuale ma allo stesso tempo dotati di una tale volontà e audacia da far nascere nel lettore un sentimento di ammirazione.
28 29 dicembre 2008
In questi due giorni la lettura è diventata frenetica ;nelle ultime pagine è comparsa una nuova ed enigmatica figura : il Vecchio.
Questo burattinaio del sistema globale lascia con il fiato sospeso, è infatti impossibile capire quale sia il suo ruolo nella trama: perché un personaggio colto come lui è affiancato da due grezzi spioni come gli agenti Zeta e Pigreco ? che cosa lo lega alla banda della Magliana ?
3 gennaio 2009
Sono giunta al termine della lettura.
È stato come prendere una grande boccata d’aria e immergersi d’un tratto in tutto il sudiciume della società :la droga, la prostituzione, il racket …. Tutto precipita infatti con la morte del Libanese. Egli è l’unico che grazie al suo comportamento lucido e coerente riesce a dare ,paradossalmente, dignità alla banda. Con il suo assassinio la situazione si aggroviglia : i ragazzi iniziano a dividersi le mansioni facendo in realtà di testa loro e molte violenze vengono messe in atto senza un motivo apparente.
Personalmente mi aspettavo che il Freddo, personaggio distante ed enigmatico, avrebbe ripreso le redini del gruppo, ma il suo carattere solitario e l’amore per Roberta lo allontanano poco a poco dall’ottica di una vita malavitosa.
Il Dandi invece, figura in secondo piano all’inizio del romanzo, si impone.
Il Dandi si rivela in effetti un personaggio inquietante : la sua ricerca dello “stile” e il suo vizio per la moda gli conferiscono l’aspetto del boss, ma non il carattere. Per questo cerca aiuto presso la mafia siciliana ,in particolare stringe rapporti con il latitante “Zio Carlo”; questi, un violento assassino, diventa come un padre per il Dandi.
Accanto alla figura spicca prende anche fondamentale importanza nella trama il personaggio di Patrizia.
Quando ho “incontrato” Patrizia sono prima stata gelosa della sua indipendenza e della sua capacità di piegare gli uomini a ogni suo desiderio, che essi siano sbirri o sbandati. Ma con lo scorrere delle pagine la solitudine interiore di questa ragazza si fa sempre più sentire .è l’unico personaggio femminile di spicco del romanzo ma la sua vicinanza alla violenza e all’indifferenza l’hanno privata di ogni tipo di sensibilità. A mio parere Patrizia è paragonabile per la sua potenza sugli uomini al Vecchio, ma rimane un oggetto sessuale ed essendo sempre stata trattata in quanto tale non è mai riuscita ad esprimere sentimenti.
Al contrario Roberta è la ragazza della porta accanto, l’unico legame tra la vita quotidiana e quella della malavita . è lei che apre improvvisamente gli occhi al Freddo :una vita normale è possibile.
È incredibile notare l’evoluzione del carattere del Freddo ;prima un criminale ,dotato però di un ritegno e una compostezza che forzavano all’ammirazione e al rispetto sia i suoi compagni che il lettore stesso. Poi l’entrata in scena di Roberta e la metamorfosi: il ritegno diventa indecisione e la compostezza noia ;il Freddo non è più un lucido soldato bensì un uomo confuso e patetico che si rende improvvisamente conto che tutto ciò che ha fatto era sbagliato.
I personaggi che più ho citato fin’ora sono quelli che più mi hanno colpiti. Tra questi non appare però uno dei personaggi principali : il commissario Scialoja .Penso che questo fatto sia una delle conseguenze del difetto di questo libro …
De Cataldo racconta nel suo libro la storia della nascita della banda della Magliana ;concentra in particolare la sua attenzione sui personaggi di spicco del gruppo,i più forti, quelli che “se la passano meglio” ,trattandosi poi di un romanzo l’autore aggiunge dettagli (fantastici ?) che stuzzicano l’immaginazione del lettore :donne ,paillettes ,soldi e piste di cocaina.
Mai si parla però delle conseguenze disastrose di quest’organizzazione malavitosa sulla vita dei comuni cittadini ;il lettore non si sente quindi coinvolto e si immedesima nei criminali.
Il personaggio del commissario invece appare troppo tardi perché ci si possa immedesimare in lui, gli viene affibbiato un ruolo di “guasta feste “che interrompe i giochi dei criminali che si divertivano così tanto nella città.
Avendo letto Gomorra è facile fare un paragone tra i due libri. Da un lato Saviano descrive la malavita nei suoi aspetti più cruenti e patetici,approfondendo l’impatto sociale di quest’organizzazione ; dall’alto De Cataldo si limita a descrivere il crimine dall’interno .
Solo dopo aver finito il romanzo ci si sente in colpa per essersi immedesimati nei criminali della Magliana ,ma non si riesce comunque a provare indignazione e senso di colpa, che invece, mi hanno subito assalita dopo aver letto Gomorra.
Giulia Gabr.
PRIMA DELLA LETTURA
C’era una fila piuttosto notevole per “Gomorra”, una decina di persone per ogni copia della biblioteca...ho optato per “Romanzo Criminale”...
In realtà sono abbastanza curiosa di leggerlo, non avevo mai pensato neanche di aprirlo. Su Sky stanno trasmettendo la serie televisiva e tutte le volte che vedevo la pubblicità pensavo “Ma chi è che guarda questa roba?”. Per non parlare del film che ho abilmente evitato nonostante sia stato in programmazione quest’estate al cinema all’aperto per due mesi (ed è stata una vera impresa dato che, onestamente, non è che ci siano poi tante cose da fare a Castello in estate). Alla fine comunque, per alcune coincidenze “fatali” lo leggerò.
Non mi sembra un libro come quello di Saviano, non ha fatto tanto scalpore ed è rimasto nella sua nicchia. Comunque è strano come alla fine un libro possa entrare a fare parte della tua vita: come quando senti una parola che non conoscevi, la fai tua e dopo sembra che tutti aspettassero te per cominciare ad usarla, e inizi a sentirla pronunciata ovunque...Adesso sembra che fossi una reietta sociale perché fino al dicembre del 2008 l’avevo snobbato totalmente. Sembra che tutti lo abbiano letto, oppure abbiano visto il film o la serie...e fortunatamente a quanto pare è piaciuto quasi a tutti. Ne hanno perfino parlato su “Costume e Società”, la rubrica del tg2 che, per tradizione, guardo sempre prima di Natale. “Se non sapete che cosa regalare ai vostri cari, un libro è sempre una scelta sicura...e “Romanzo criminale”, di Giancarlo De Cataldo, è un successo assicurato!”. Insomma questa strana congiura mi inquieta però in compenso non vedo l’ora di leggerlo.
Mi mancano poche pagine per finire “Bonjour Tristesse” e cominciare RC. Pensandoci è stata una fortuna che io abbia scelto quello e non “Gomorra”...Saviano mi urta i nervi. Adesso che vuole andarsene dall’Italia poi, proprio non lo sopporto più. E’ il genere di persona che fa fortuna denunciando le colpe dell’Italia, come i giornalisti di Report ma non apriamo neanche il discorso. Mi hanno sempre insegnato ad amare il mio paese, che non è sicuramente perfetto, quindi non approvo una scelta che è stata fatta da Saviano, sapendo che lo avrebbe portato al successo...certo sono sicura che ha anche dei meriti e che la libera critica non può che fare bene ma, tra l’altro, va ad alimentare una serie di pregiudizi internazionali sulla mafia italiana. Ci chiamano mafiosi ma poi chi è che idolatra film come “Il padrino” ecc..? comunque adesso vado davvero a finire il libro così poi posso cominciare RC.
DOPO LA LETTURA
Avrei dovuto sicuramente tenere un diario costantemente mentre leggevo il libro, ma dopo averlo fatto per un po’ mi sono resa conto che stava venendo malissimo e che mi stava martoriando il piacere del libro: sono sicura che annotare alcuni concetti di saggi e articoli sia fondamentale. Però RC mi è piaciuto molto e continuare ad interrompere la lettura per scrivere delle osservazioni, tra l’altro anche piuttosto banali, mi faceva quasi male.
Alla fine della lettura mi sono sentita travolta dall’ammontare di informazioni che avevo ricevuto mentre scorrevo le pagine. Una serie di fatti, date, nomi, alcuni reali ed alcuni fittizi, insomma è un romanzo che va letto facendo una discreta attenzione alle sottigliezze dell’autore. Per esempio è interessante come fa proseguire la storia: non attraverso una semplice narrazione ma anche grazie all’aiuto dei verbali dei processi, che sicuramente conosce come le sue tasche, essendo giudice. Ci sono anche altre cose meno tecniche di cui mi sono resa conto solo dopo la lettura, quando sono andata a informarmi sui fatti veri legati alla stesura del libro. Per esempio: si parla spesso di un certo Cutolo, che per me non era un nome noto. Invece si tratta di un vero boss, della Camorra mi pare, arrestato con successo ancora prima della mia nascita. Poi è interessante come De Cataldo non abbia inventato poi così tanti fatti: ci sono interi siti dedicati alla ricostruzione delle relazioni tra i personaggi del libro e i veri appartenenti alla banda. L’altra sera sono andata a letto tardissimo perché mi ero davvero addentrata tra articoli dei primi anni ’90 relativi agli arresti, alle uccisioni e alle morti dei vari malavitosi...Sono legati a un gran numero di fatti di cronaca che ricordo di aver visto passare ai telegiornali mentre crescevo, per esempio alla scomparsa di Emanuela Orlandi.
Mi è sembrato che il libro fosse diviso in due parti: prima e dopo la morte del Libanese. Credo, infatti, che quando questo personaggio forte, che comunque può essere considerato come il protagonista delle vicende, sparisce dalla scena, innanzitutto sorprende il lettore. Non immaginavo che sarebbe morto così presto nella storia. Secondo poi da quando il Libanese scompare cambia radicalmente l’andamento della narrazione: prima la banda aveva successo, avevo perfino cominciato ad ammirare la precisione con cui avevano organizzato il contrabbando degli stupefacenti e la tecnica pulita con cui tenevano in pugno tutta Roma (preoccupante…), quando muore il capo però, il gruppo si disperde e per la prima volta comincia ad attraversare dei guai seri con la giustizia. Iniziano allora i noiosi verbali dei processi e i racconti di vendette personali interne alla banda, che ne causeranno eventualmente la fine. Comincia anche a perdersi la tensione narrativa: il libro diventa più lento e meno interessante, o almeno si legge peggio anche se comunque i fatti narrati (che sembrano pressoché i resoconti dei veri processi ai membri della Magliana) prendono ancora abbastanza. Infine l’epilogo finale, dal sapore amaro, mi ha lasciata un po’ delusa: certo non mi aspettavo un lieto fine, però almeno una netta e definitiva conclusione dei conti si. Invece così, con il Freddo malato e la maggior parte degli altri membri secondari della banda a piede libero non sembra proprio una vera fine.
Secondo me De Cataldo non si è concentrato abbastanza su alcune vicende che invece ho trovato molto interessanti: in particolare sull’evasione del Freddo. Certo, se fosse stato per me avrei scritto un libro sulla storia d’amore tra un boss della malavita e una brava ragazza...perché sono quel genere di persona...però così non ha lasciato neanche spazio all’immaginazione, nemmeno un piccolo pretesto per sognare: la storia era fredda e lineare, insomma non un libro adatto a me da quel punto di vista.
Tristissima la conclusione in Sud America con Roberta che ha dovuto rinunciare ad avere un bambino per motivi di salute...io avrei calcato un po’ più la mano...
Curiosità: Enrico De Pedis (Dandi) è sepolto nella Basilica di Sant’Apollinare dopo essere stato riesumato da Verano. E’ riuscito a farsi seppellire lì per i contatti che aveva con il Vaticano cui pagava laute tangenti..
Una cosa inquietante sono i posti dove si svolge la vicenda: le osterie “Il nuovo mondo” e “Il Perilli” sono ristoranti dove ho mangiato anch’io e dove Dandi e il Libanese mangiano spesso all’inizio della storia il “Full ‘80” era una locale che è chiuso un paio di anni fa. Il libro si apre con Dandi che passeggia fuori dalle mura del cimitero di mia madre...Insomma il libro dovrebbe essere frutto della fantasia dell’autore, ma non poi così tanto...
Interessante come le vicende della Magliana che nella realtà sono così strettamente legate con la vita politica degli anni ’80, nel libro si sviluppino attorno ad alcuni cardini rappresentati da avvenimenti tragici che hanno scioccato l’Italia. L’omicidio Moro è probabilmente il primo. Mi pare che la velata accusa (non poi così velata) allo Stato da parte dell’autore di aver lasciato perdere e aver aspettato il ritrovamento del cadavere con inerzia sia infondato o almeno un po’ gratuito, però lo scenario della strage di Bologna visto attraverso gli occhi di un gruppo di persone di cui di solito non si ascoltano le testimonianze è sicuramente originale. Interessante anche l’accenno ai funerali di Berlinguer che hanno sconvolto così tanto la scena politica e sociale italiana da non poter non essere citati. Stavo per mettermi a piangere quando De Cataldo descrive l’anniversario della bomba alla stazione di Bologna. Carmelo Bene che legge dalle Due Torri è una scena che mi è molto cara. Mio padre me ne parlava sempre quando ero piccola, dicendo che il partito aveva organizzato un autobus da Imola per andare a sentire le celebrazioni e che aveva colto l’occasione per portare mia madre che non aveva mai sentito Dante essendo appena arrivata dalla Gran Bretagna (mamma ricorda quel giorno con meno gioia, dicendo che non capiva niente e che applaudiva quando lo facevano tutti gli altri).
Romanzo Criminale il film
Non ho resistito: dopo aver letto il libro non ho potuto fare a meno di vedere il film. Anche perché Kim Rossi Stuart nei panni del Freddo è da non perdere. La produzione cinematografica era molto più drastica del libro: la fine era proprio come l’avrei voluta, con un generale spargimento di sangue che concludeva tutte le faccende in sospeso. Gigio, che nel libro è una figura piuttosto complessa, soprattutto per la sua relazione con il fratello, nel film è una marionetta che serve esclusivamente come pretesto per far scoppiare la vendetta tra i membri della banda. Il Nero viene trasformato in un personaggio radicale, anche lui perde di spessore e la sua fine arriva molto prima che nel libro. Mancano molti altri protagonisti: Nembo Kid, Donatella, Vanessa e molte storie che rendevano il romanzo ricco di spunti, comunque tutto sommato mantiene l’interesse nonostante, tra l’altro, sia un film particolarmente lungo. Il finale che ho già citato doveva servire come morale, e quindi si discosta dalla realtà molto più di quello di De Cataldo. Placido sembra voler dimostrare che i delinquenti sono vittima della loro stessa medicina, mentre in realtà molti dei personaggi che nel film spariscono, finiscono in carcere o muoiono, sono tutt’ora in libertà. Comunque anche questo espediente ha una sua necessità. Credo che a noi Italiani non piaccia essere ricordati che il destino e la giustizia non puniscono severamente i criminali, non sempre almeno. Soprattutto siamo costretti a prendere delle posizioni molto più nette, a essere molto più rigidi per non essere considerati dei “mafiosi” nel resto del mondo. Questa cosa fa schifo, me ne rendo conto ogni volta che vado a stare dai miei cugini a Nottingham, sono convinti che viviamo in una specie di avventurosa “favoletta” simile al “Padrino”, non considerano neanche che per noi la mafia, la camorra...sono problemi seri con cui molti italiani devono convivere. E invece quando lo capiscono prendono le distanze da noi “mafiosi” come se tutti fossimo dei criminali, senza pensare alle persone che veramente prendono posizione nei confronti della malavita e non idolatrano personaggi fittizi come Don Vito Corleone. Insomma sembrerà un luogo comune ma se dei romanzi come “Romanzo Criminale” o “Gomorra” possono far capire a noi per primi ma anche e soprattutto agli altri che in Italia le varie mafie sono realtà tangibili ma che ci sono persone che ci combattono giornalmente senza accontentarsi di sopportarle ciecamente, allora dovremmo sicuramente pubblicarne di più.
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