MACHIAVELLI E IL SUO TEMPO AL LINK della mostra che si tenne nel 2013
Biografia dell'autore
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Nel sito dell'editore Laterza, SCEGLIERE IL PRINCIPE di Maurizio Viroli elenca una serie di regole che rendono il pensiero di Machiavelli "contemporaneo"
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G. Marramao, Oui, je suis Machiavelli
" La folgorante attualità del pensiero machiavelliano sul potere, «riscoperta» dai francesi" (2001)
- Il fine giustifica i mezzi.
- Questa citazione è universalmente attribuita a Niccolò Machiavelli, ma NON è presente in alcuno suo scritto. La frase più simile presente nelle sue opere è Nelle azioni di tutti li uomini, e massime de' principi, dove non è iudizio da reclamare, si guarda al fine. (Il Principe, XVIII). Questa frase, inoltre, non rispecchia lo spirito delle sue opere, in quanto sottintenderebbe una valutazione morale che l'autore non cercò mai. Probabilmente venne utilizzata nei trattati della Controriforma (fine XVI secolo) per giustificare la messa all'indice delle opere di Machiavelli.
________________________________________________Gian Mario Anselmi sul valore della gioventù in Machiavelli (DA griseldaonline): "...Vediamo l'originalità e la forza dello scarto operato da Machiavelli: e in particolare se stiamo alla partitura essenziale del Principe. Qui, al settimo capitolo, troviamo il memorabile ritratto del Duca Valentino, consegnato da Machiavelli ai posteri come mito di “eroe moderno”: ed è un eroe giovane, che trae proprio dalla forza e dalla ferocia audace della sua giovinezza la sagacia della sua risoluta e rivoluzionaria azione politica e militare. Ciò che nella trattatistica corrente e nella legislazione era bollato come limite e pericolo della giovinezza è da Machiavelli pienamente invece recuperato come fonte necessaria dell’agire politico. La mescolanza di sagacia e ferinità, di astuzia e di vitalismo impasta l’eroe vincente sul piano militare non meno che su quello politico.L’approdo al capitolo del Principe più inquietante per un verso e per l’altro decisivo nel costituirsi di certo pensiero politico moderno, ovvero il diciottesimo ( ben presente, e non per nulla, a Nietzsche), è perciò intrinsecamente connesso a questo filo di riflessione. Se infatti la ferocia ferina propria della giovinezza è motore essenziale del successo politico proprio quel ferino vitalismo va analizzato fino in fondo e senza remore: di qui le memorabili metafore del Centauro, della volpe e del leone che, giocando sullo spartito multiplo della tradizione favolistica, di Dante e soprattutto di Ovidio, mostrano al lettore per la prima volta anche rispetto alla stessa tradizione classica l’abisso ineludibile di animalità da cui l’uomo attinge forze talora distruttive ma, perlopiù, se ben condotte e portate alla luce, decisive per definire l’azione vincente di chi governa.Si giunge così infine al capitolo “manifesto” sul ruolo decisivo della giovinezza e proprio a partire da quelle connotazioni che alla morale umanistica e cristiana corrente sembravano da condannare: nel celebre capitolo venticinquesimo la Fortuna – donna è sconfitta dall’eroe – giovane. Si badi, e non è mai stato notato, che la celebre metafora della “Fortuna – donna” va anch’essa ascritta all’area della valutazione positiva della giovinezza. Per esaltare la forza, l’imprevedibilità e la difficoltà ad arginare la potenza della Fortuna ( per dipingere la quale Machiavelli si giova anche della già celebre metafora del fiume in piena, cara a Petrarca come all’Alberti) Machiavelli fa ricorso all’immagine della donna giovane e ferina ( si è già detto di ciò) cui solo può appunto contrapporsi, in uno sforzo straordinario, il maschio giovane e altrettanto, anzi di più , audace e ferino e vitale. La patina di eclatante e scontato misoginismo che caratterizza questa pagina ha fatto velo finora agli studiosi, impedendo loro di cogliere il ben più potente tracciato semantico che rende memorabile letterariamente e cruciale politicamente e filosoficamente questo capitolo: la contesa è tra due forme di giovinezza, di cui la femminile è tutt’altro che debole e passiva, anzi domabile solo da pochi e grandi eroi.Metafore e metamorfosi che, insomma, legano la rivoluzionaria riflessione del Principe, fino alla fine e lungo tutto il suo dispiegarsi, a una forza che è dei giovani, che è sì militare e bellica ma che, ben conosciuta e interconnessa con la ratio politica, può trasformarsi da distruttiva in positiva (il capitolo finale del Principe ), da feroce e insensata a impeto e nerbo dell’azione del “savio datore di leggi” come del condottiero e del soldato. Un vitalismo naturalistico positivo, possente e travolgente caratterizza la riflessione di Machiavelli: esso è tutt’altro che irrilevante, come si diceva, anche per la ripresa attuale del dibattito filosofico su etica e biopolitica.La figura dell’eroe – principe giovane, l’idea della forza della giovinezza come vita al suo massimo potenziale di credibilità politica e “normativa” corrono parallele a quell’etica laica e mondana di ascendenza romana cui Machiavelli lega in realtà la sua riflessione e che così bene seppe illustrare Isaiah Berlin in un saggio memorabile: I. BERLIN , L’originalità di Machiavelli, in Controcorrente, Milano, Adelphi, 2000, pp.39 - 117.
Isaiah Berlin ama ricordare un verso dell’antico poeta Archiloco:
“la volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una grande”.
Gli studiosi hanno sempre letto questo verso in maniera banale: la volpe, pur essendo infinitamente più astuta, viene sconfitta dall’unica difesa di cui il riccio dispone. In opposizione a questa lettura scontata, Berlin ne propone un’altra, più profonda: l’immagine del riccio e della volpe può essere assunta come metafora delle più profonde differenze che distinguono gli individui; di questi, infatti, alcuni (i “ricci”) riferiscono ogni cosa a una visione centrale, a un sistema coerente e articolato, dotato di regole ben precise; altri (le “volpi”), invece, perseguono molti fini, non di rado disgiunti e contraddittori, mancanti di un principio morale o estetico. Questa seconda tipologia di individui – dice Berlin – compie azioni “centrifughe”, non “centripete”, poiché il loro pensiero di muove su parecchi piani e coglie una varietà di esperienze e di temi senza riportarli a una visione immutabile. Grandi artisti che hanno agito da “ricci” sono – così dice Berlin in Il riccio e la volpe – Dante, Platone, Lucrezio, Pascal, Hegel, Dostoevskij, Nietzsche, Ibsen, Proust; simili alle volpi, invece, sono stati Shakespeare, Erodoto, Aristotele, Erasmo, Molière, Goethe, Puskin, Balzac, Joyce, Montaigne.
In un saggio pubblicato dalla “New York Review of Books” Isaiah Berlin rilegge
le idee politiche del pensatore fiorentino
La
principale conquista di Machiavelli è stata la sua scoperta di un insolubile
dilemma che pone un punto interrogativo permanente sul sentiero della
posterità.
Ciò
deriva dal suo riconoscimento di come scopi altrettanto elevati, altrettanto
sacri, possano reciprocamente contraddirsi, di come interi sistemi valoriali
possano entrare in conflitto senza che vi sia alcuna razionale possibilità di
mediazione fra essi, e di come in ultima analisi tutto questo faccia
integralmente parte, non solo in circostanze eccezionali – per quanto insolite,
accidentali o erronee ne siano le premesse, come nel caso dello scontro fra
Antigone e Creonte, o nella storia di Tristano – di quella che è la normale condizione dell’uomo. E
sicuramente questa è la novità che ha introdotto.
Per coloro che interpretassero simili conflitti come situazioni rare, eccezionali o disastrose, la scelta che ci si trova a compiere risulterà necessariamente un’esperienza dolorosa di fronte alla quale un essere razionale non potrà mai (in assenza di regole) trovarsi preparato.
Per Machiavelli invece – quanto meno
ne Il Principe, nei Discorsi e ne La Mandragola – non esiste agonia.
Si
sceglie ciò che si sceglie perché si sa ciò che si vuole, e si è pronti a
pagarne il prezzo. Si sceglie la civiltà classica piuttosto che il deserto
tebano, Roma piuttosto che Gerusalemme, per quanto possano dirne i
preti, perché tale è la propria natura e – non essendo né un
esistenzialista né un individualista romantico ante litteram – perché è anche
quella degli uomini in generale, in qualsiasi tempo – perché è anche quella degli uomini in
generale, in qualsiasi tempo e in ogni luogo.
Di
fronte a coloro che prediligono la solitudine o il martirio, lui fa spallucce.
Quelli non sono uomini che fanno per lui. E con loro non ha nulla da spartire,
e niente di cui discutere. Tutto ciò che gli importa – a lui e a coloro che la
pensano come lui – è che si impedisca a tali uomini di intromettersi nella
politica o nell’istruzione, o in qualunque aspetto portante della vita umana;
il loro punto di vista li rende inadatti a compiti di tale natura.
Non
intendo dire che Machiavelli sostenga esplicitamente l’esistenza di un
pluralismo, o perfino di un dualismo di valori fra i quali debba essere
consciamente fatta una scelta. Ma ciò consegue dai confronti che istituisce fra
i comportamenti che ammira e quelli che condanna. Sembra dare per scontata
l’ovvia superiorità della virtù civica classica, liquidando i valori cristiani
così come la morale convenzionale, con al massimo un paio di frasi sprezzanti,
con una certa condiscendenza, o con poche accorte parole sui malintesi della
Cristianità.
Cosa
che preoccupa o fa infuriare ancor di più quelli che dissentono da lui, per il
semplice fatto che è in grado di muoversi in direzione opposta alla loro senza
apparirne consapevole – prescrivendo comportamenti perfidi come se fossero
in tutta ovvietà i più assennati, ossia consigli che solo i pazzi e i visionari
potrebbero rifiutare.
Se
ciò di cui era convinto Machiavelli fosse vero, questo minerebbe alle
fondamenta una delle principali convinzioni del pensiero occidentale: e cioè
che da qualche parte nel passato o nel futuro, in questo mondo o nel prossimo,
in chiesa o in laboratorio, fra le elucubrazioni di un metafisico, o le
scoperte di uno scienziato sociale, o nel cuore non corrotto di un uomo buono e
semplice, sia possibile trovare la risposta definitiva al quesito su come gli
uomini debbano vivere.
Se
ciò è falso (e laddove più di una risposta altrettanto valida alla domanda
potrà essere data, allora sarà falso) l’idea di un unico vero, oggettivo ideale
umano universale frana. La sua stessa ricerca diventa non solo utopica in
pratica, ma concettualmente incoerente…
Da
Machiavelli in poi, il dubbio è in grado di infettare qualsiasi costruzione
monistica. Quel senso di certezza che esista da qualche parte un tesoro
nascosto –la soluzione finale ai nostri mali –e che qualche sentiero debba
necessariamente condurre ad esso (perché in linea di principio dovrà essere
localizzabile); o altrimenti, per cambiare metafora, quella convinzione secondo
la quale i frammenti delle nostre credenze e abitudini siano in realtà tutti
pezzi di un grande mosaico-puzzle che possa (perché se ne ha garanzia a priori)
in linea di principio esser
completato; tanto che può essere solo colpa d’imperizia, stupidità o sfortuna
se non siamo ancora riusciti a scoprire quella soluzione grazie alla quale
tutti i nostri reciproci interessi verranno armonicamente a coesistere
– questa fondamentale credenza del pensiero politico occidentale è stata
fortemente scossa.
*estratto di ”The Question of
Machiavelli”, New York Review of Books, novembre 4, 1971 (traduzione di
Stefano Pitrelli)
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- Vedi la recensione al libro: "Il sorriso di Niccolò"
- Antonio Gramsci interpreta il Principe
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- VIDEO "INTERVISTA IMPOSSIBILE" CON GIORGIO ALBERTAZZI:
- https://www.youtube.com/watch?v=cF_V8Bs3wBk
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Ahi serva Italia, di dolore ostello,
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